In collaborazione con Italia Liberale Popolare abbiamo avuto l’onore di avere ospite il prof. Vittorio Emanuele Parsi per parlare del suo libro dal titolo “Il posto della guerra e il costo della libertà”, intervistato da Paola Peduzzi, vicedirettore de IL FOGLIO.
Vittorio Emanuele Parsi è professore ordinario di Relazioni Internazionali nella facoltà di Scienze politiche e sociali dell’università Cattolica di Milano, dove insegna anche Studi Strategici ù. E’ direttore di ASERI (Alta Scuola di Economia e relazioni Internazionali).
E’ socio della Società Italiana di Scienza Politica, membro fondatore della Società per lo Studio della Democrazia, membro dell’Advisory Board del Center for Diplomacy and Strategy at the London School of Economics.
Editorialista de Il Messaggero. È capitano di regata della Marina Militare (riservista) dove ha servito fino ad ottobre 2021.
Un’occasione per riflettere e discutere con l’autore sulla ricomparsa, dopo quasi ottant’anni, della guerra nel Vecchio Continente. L’aggressione scellerata che Vladimir Putin ha scatenato contro l’Ucraina il 24 febbraio 2022 ha rotto decenni di pace e ha fatto sì che l’Europa tornasse a essere ciò che per secoli era sempre stata fino alla conclusione del secondo conflitto mondiale: ‘il posto della guerra’. Come è potuto accadere uno scempio simile proprio nella ‘civile Europa’? Nel luogo che ha rappresentato un pilastro di quell’ordine liberale che ha trasformato il sistema internazionale stringendo attorno a sé una famiglia di democrazie affratellate e tessendo una fitta trama di istituzioni e trattati garanti della cooperazione e della pace? Se la pace, dunque, è stata infranta proprio dove le condizioni per mantenerla erano le migliori possibili, che speranza resta per evitare che la forza ricominci a essere la sola ‘regola del mondo’? La risposta a questa domanda passa per la consapevolezza che la possibilità di escludere la guerra come prospettiva deriva proprio dalla credibilità e dalla sopravvivenza di quell’ordine liberale che la guerra di Putin ha messo sotto attacco: l’invasione russa dell’Ucraina non è infatti solo una dichiarazione di ostilità mortale nei confronti di quel paese, ma è anche un’esplicita aggressione all’Occidente democratico e ai principi e alle regole su cui si fonda. Ripensare la guerra, e il suo posto nella cultura politica europea contemporanea, dopo l’Ucraina è il solo modo per non trovarsi di nuovo davanti a un disegno spezzato senza nessuna strategia per poterlo ricostruire su basi più solide e più universali. Perché, se c’è una cosa che la fiera resistenza del popolo ucraino ci ha insegnato è che non bisogna arrendersi mai, che la difesa della propria libertà ha un costo ma è il presupposto per perseguire ogni sogno, ogni speranza, ogni scopo, che le cose per cui vale la pena vivere sono le stesse per cui vale la pena morire.